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Poesie celebri e amatoriali [
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Poesie celebri e amatoriali
Raccolta di Poesie scritte da autori famosi o comuni
Poesie celebri e amatoriali [
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“
La Credenza
È una credenza larga scolpita; la quercia scura,
stagionata, ha preso l’aria buona della vecchia gente;
la credenza è aperta, e versa nella sua ombra
come un fiotto di vino vecchio, dei profumi invitanti;
stracolma, è un magazzino di vecchi vecchiumi,
lenzuola odorose e gialle, stracci
di donne o di bimbi, pizzi infeltriti,
scialli della nonna dove dei grifoni sono istoriati;- È là che troviamo i medaglioni, le ciocche
di capelli bianchi o biondi, i ritratti, i fiori secchi
il cui profumo si fonde ai profumi della frutta.- Oh credenza dei vecchi tempi, tu conosci delle storie
e vorresti raccontare le tue fiabe, e scricchioli
quando le tue grandi ante nere s’aprono lentamente.
”
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19/11/24
Arthur Rimbaud
+
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“
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
”
Eugenio Montale
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“
Tu chiami una vita
Fatica d'amore, tristezza, | tu chiami una vita | che dentro, profonda, ha nomi | di cieli e giardini. | E fosse mia carne | che dono di male trasforma.
”
Salvatore Quasimodo
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“
Settembre
Settembre settembrino,
matura l’uva e si fa il vino,
matura l’uva moscatella:
scolaro, prepara la cartella!
”
Gianni Rodari
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“
Per uno scontento
Capisco, sai, il tuo bestemmiare;
ma il mondo non cambia, niente da fare,
l’odio tuo non lo modifica di un pelo
gli uomini sono una schiatta intollerabile.
Ma tu, dimmi, sei forse meno esecrabile?
Proverei con l’amore a sciogliere il tuo gelo.
”
Hermann Hesse
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“
Sulla strada di San Romano
La poesia si fa in un letto come l'amore
Le sue lenzuola sfatte sono l'aurora delle cose
La poesia si fa nei boschi
Ha lo spazio che le occorre
Non questo ma quello che condizionano
L'occhio del nibbio
La rugiada sull'equiseto
Il ricordo di una bottiglia di Traminer appannata su un vassoio d'argento
Un'alta colonna di tormalina sul mare
E la strada dell'avventura mentale
Che sale a picco
Si ferma e subito s'ingarbuglia
Non è cosa da gridare dai tetti
È sconveniente lasciare la porta aperta
O chiamare dei testimoni
I banchi di pesci le siepi di cinciallegre
I binari all'entrata di una grande stazione
I riflessi delle due rive
I solchi del pane
Le bolle del ruscello
I giorni del calendario
L'iperico
L'atto d'amore e l'atto poetico
Sono incompatibili
Con la lettura del giornale ad alta voce
Il senso del raggio di sole
Il luccichio azzurro che rilega i colpi d'ascia del taglialegna
Il filo dell'aquilone a forma di cuore o di nassa
Il battito ritmico della coda dei castori
La diligenza del lampo
Il lancio di confetti dall'alto di vecchie scalininate
La valanga
La camera degli incantesimi
No signori non si tratta dell'ottava Camera
Né dei vapori della camerata la domenica sera
Le figure di danza eseguite in trasparenza sopra gli stagni
La delimitazione di un corpo di donna contro il muro al lancio dei coltelli
Le volute chiare del fumo
La curva della spugna delle Filippine
Le gemme del serpente corallo
Il varco dell'edera tra le rovine
Lei ha tutto il tempo davanti a sé
La stretta poetica come la stretta carnale
Finché dura
Impedisce le prospettive di miseria del mondo
”
Andre Breton
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“
Lamento
Non ci è dato di essere. Noi siamo
soltanto un fiume, aderiamo ad ogni forma:
al giorno ed alla notte, al duomo e alla caverna,
passiamo oltre, l’ansia di essere ci incalza.
Forma su forma riempiamo senza tregua,
nessuna ci diviene patria, gioia o pena,
sempre siamo in cammino, ospiti sempre,
non c’è campo né aratro per noi, né pane cresce.
E non sappiamo cosa Dio ci serbi,
gioca con noi, argilla nella mano,
muta e cedevole che non piange o ride,
mille volte impastata e mai bruciata.
Potessimo, una volta, farci pietra, durare!
Questa è la nostra eterna nostalgia,
ma un brivido perdura a raggelarci
e non c’è pace sulla nostra via.
”
Hermann Hesse
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“
Seguace
Mio padre lavorava con un aratro a cavalli,
le spalle arcuate come una vela spiegata
tra le stegole e il solco.
I cavalli tiravano quando schioccava la lingua.
Un esperto. Predisponeva l’ala
e posizionava il vomere d’acciaio, lucente e appuntito.
La zolla erbosa si rivoltava senza rompersi.
Giunta in fondo, con un semplice strappo
di redini, la pariglia sudata girava
e rientrava nel campo. Il suo occhio
socchiuso traguardava il terreno,
calcolando con esattezza il solco.
Io arrancavo nella sua scia chiodata,
a volte cadevo sulla zolla polita;
altre volte mi portava a cavalcioni in spalla
e altalenavo al suo passo pesante.
Volevo diventare grande e arare,
chiudere un occhio, tendere il braccio.
Tutto ciò che facevo era seguire
la sua larga ombra per la fattoria.
Ero un impiccio, inciampavo, cadevo,
guaivo sempre. Ma oggi
è mio padre che continua a seguirmi
incespicando, e non se ne vuole andare.
”
Seamus Heaney
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“
PRIMA SERATA
Lei era assai svestita
e i grandi alberi indiscreti
buttavano sui vetri il loro fogliame
maliziosamente, vicino, vicino.
Seduta sulla mia grande sedia,
seminuda, incrociava le mani.
Sul pavimento rabbrividivano senza disagio
i suoi piedini minuti, minuti.- Io guardavo, color della cera,
un piccolo raggio fuggiasco
svolazzare sul suo sorriso
e sui suoi seni, - mosca sul rosaio.- Io baciavo le sue caviglie fini.
Lei un dolce riso brutale
che s’allungava in trilli luminosi,
un riso amabile di cristallo.
I piedini sotto la camicia
Trovarono scampo: “La fai finita!”- La prima audacia concessa,
il riso fingeva di punire!
- Sommessi palpitanti sul mio labbro,
io baciavo i suoi occhi dolcemente:- lei ritirò la sua testolina
indietro: “Oh! è meglio ancora!…
signorino, ho due parole da dirti…”- il resto io glielo gettai sul seno
con un bacio, che la fece ridere
di un riso quieto, compiacente…- Lei era assai svestita
e i grandi alberi indiscreti
buttavano sui vetri il loro fogliame
maliziosamente, vicino, vicino.
”
Arthur Rimbaud
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“
La famiglia Punto e virgola
C’era una volta un punto
e c’era anche una virgola:
erano tanto amici,
si sposarono e furono felici.
Di notte e di giorno
andavano intorno
sempre a braccetto:
“Che coppia modello”
la gente diceva
“che vera meraviglia
la famiglia Punto-e-virgola”.
Al loro passaggio
in segno di omaggio
perfino le maiuscole
diventavano minuscole:
e se qualcuna, poi,
a inchinarsi non è lesta
la matita del maestro
le taglia la testa.
”
Gianni Rodari
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“
Maestrale
S'è rifatta la calma
nell'aria: tra gli scogli parlotta la maretta.
Sulla costa quietata, nei broli, qualche palma
a pena svetta.
Una carezza disfiora
la linea del mare e la scompiglia
un attimo, soffio lieve che vi s'infrange e ancora
il cammino ripiglia.
Lameggia nella chiaria
la vasta distesa, s'increspa, indi si spiana beata
e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia
vita turbata.
O mio tronco che additi,
in questa ebrietudine tarda,
ogni rinato aspetto coi germogli fioriti
sulle tue mani, guarda:
sotto l'azzurro fitto
del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto:
" più in là "!
”
Eugenio Montale
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“
Rendimi i miei capelli
Rendimi i miei capelli,
non portarli con te nelle tue pene,
inebriami di baci, come statua
che abbia compiuto musiche maggiori.
O coscia del destino semiaperto,
lascia che ti ricami una chimera
sull'avambraccio
prima che la follia del tempo
divori le caviglie.
Sei nata donna
ma tu sei così oscura
come tranello in cui tema il piede
di orizzontarsi. Sei la mia dimora,
la dimora traslata dalle vigne
che fa tacere anche il pavimento.
”
Alda Merini
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“
Il fiore perduto
La fiamma sola
del focolare blu
ci tremola la fola,
ora che quel campo laggiù
ha voluto la nonna:
oh quel campo stillato
di lacrime verdi di salici,
sonnacchioso di arcigni cipressi!
Gocciola di tanti fiori;
ha voluto anche il nostro:
– cattivo! –
Forse perché era d’argento?
Ma quanti fiori di rubino
e d’oro pensosi vivono fra le aiuole
stellate di piccole viole?
C’è sola
la fiamma che ora
ci tremola la fola,
ne le notti ingemmate
di gingilli
d’argento
fiorita di tremuli trilli
d’usignoli
ne le notti flagellate
di frustate
di vento.
”
Pablo Neruda
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“
Quando spunta la luna
tacciono le campane
e i sentieri sembrano
impenetrabili.
Quando spunta la luna,
il mare copre la terra
e il cuore diventa
isola nell'infinito.
Nessuno mangia arance
sotto la luna piena.
Bisogna mangiare
frutta verde e gelata.
Quando spunta la luna
dai cento volti uguali,
la moneta d'argento
singhiozza nel taschino.
Interpretazione della poesia / Esegesi
Questa poesia di Federico Garcia Lorca utilizza la luna come metafora per esplorare temi come il cambiamento, l'isolamento, l'abbandono delle convenzioni e la tensione tra il materiale e il spirituale. Le immagini create sono vivide e lasciano spazio a molteplici interpretazioni, a seconda delle esperienze personali e delle sensazioni del lettore.
La Luna Come Simbolo di Cambiamento
: L'emergere della luna sembra portare con sé un cambiamento nell'ambiente e nelle percezioni. La cessazione delle campane e i sentieri che diventano "impenetrabili" suggeriscono un passaggio dal conosciuto all'ignoto, dall'ordinario al misterioso.
La Natura in Trasformazione
: La descrizione del mare che "copia la terra" e il cuore che diventa "isola nell'infinito" potrebbe simboleggiare la sensazione di isolamento o di essere sopraffatti dalle emozioni, come se la presenza della luna amplificasse sentimenti interni.
Contrasto tra il Concreto e il Surreale
: La menzione di non mangiare arance sotto la luna piena, ma piuttosto "frutta verde e gelata" potrebbe rappresentare il desiderio o la necessità di abbandonare il comune e il familiare per qualcosa di più insolito o non convenzionale sotto l'influenza della luna.
Simbolismo della Luna e della Moneta
: La luna dai "cento volti uguali" e la "moneta d'argento" che "singhiozza nel taschino" potrebbero simboleggiare la varietà e la ripetitività delle esperienze umane, e come queste possono talvolta essere ridotte a meri valori materiali o monetari, perdendo il loro significato più profondo.
”
Federico Garcia Lorca
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Settembre
Si chiudono le porte
sulle grandi estati,
si fanno più silenziose
le strade del cuore.
Tutto sembra morire
in un autunno precoce,
ma è solo un dolce riposo
della terra.
È il tempo in cui si pensa
ai viaggi impossibili
in paesi mai visti
e pure tanto amati.
E la vita pare un racconto
di sogni e di spazi
che ha il volto della speranza
e il corpo della solitudine.
Significato: In "Settembre", Merini tocca il tema del cambiamento delle stagioni come metafora per i cambiamenti interiori, unendo malinconia e speranza in un delicato equilibrio emotivo.
”
Alda Merini
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“
E' ormai sparita la città
Come procede l’orologio senza fretta
con tale sicurezza che si divora gli anni:
i giorni sono piccoli e fugaci chicchi d’uva,
i mesi si stingono staccati dal tempo.
Se ne va, torna indietro il minuto, sparato
dalla più impassibile artiglieria
e all’improvviso ci resta solo un anno per andarcene,
un mese, un giorno, e giunge la morte al calendario.
Nessuno ha potuto fermare l’acqua che fugge,
non ha indugiato con l’amore o col pensiero,
ha continuato, ha continuato a correre tra il sole e gli esseri,
e ci ha ucciso la sua strofa passeggera.
Finché, infine, cadiamo nel tempo, distesi,
e ci porta via, e ormai siamo spariti, morti,
trascinati senza esistenza, fino a non essere più neppure ombra,
né polvere, né parola, e lì finisce tutto
e nella città in cui più non vivremo
sono rimasti vuoti gli abiti e l’orgoglio.
”
Pablo Neruda
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Tutte le morti
Ho già vissuto tutte le morti,
tutte le morti voglio ancora morire,
morire nell’albero la morte lignea,
nella montagna la morte di pietra,
nella sabbia morte di terra,
morte vegetale nell’erba crepitante dell’estate
e la misera, sanguinosa morte degli uomini.
Voglio rinascere fiore,
voglio rinascere albero ed erba,
pesce e cerbiatto, uccello e farfalla.
E da ogni forma
mi strapperà la nostalgia
in alto ai gradini dell’ultimo dolore
fin dentro il dolore umano.
Oh trepidante e teso l’arco quando
il pugno furioso del desiderio
pretende di piegare l’uno all’altro
entrambi i poli estremi della vita.
Spesse volte e tante volte ancora
mi risospingerai da morte a nascita
orbita angosciosa delle forme,
orbita radiosa delle forme
”
Hermann Hesse
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“
Vederti e innamorarmi
è stato un punto solo
e chi la giudicasse frase fatta
sappia che se pecca
è per difetto
perché la visione
nemmeno contemplò l’amore
ma fu direttamente previsione
di tutto il patimento destinato
”
Michele Mari
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“
Frammenti
Bianca, fugace, la nebbia svapora
nell’aria pura. S’indora l’oriente,
s’effonde la luce: Ecco l’aurora.
L’ultimo grido il gufo alla fuggente
tenebra getta e nel silente ombroso
bosco dispare. Incomincia l’amore:
allegri trillano, fra l’odoroso
aere dei giovani arbusti in fiore
gli uccelli. Si drizzan sullo stelo
superbi i sonnecchianti ciclamini,
aspettando impazziti che nel cielo
turchino, luminoso l’astro d’oro
sorga a schiudere i loro corallini
petali. È la rosea aurora: al lavoro!
”
Salvatore Quasimodo
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Che lunga notte
Che lunga notte e luna rosa e verde
al tuo grido tra zagare, se batti
ad una porta come un re di Dio
pungente di rugiade: «Apri, amore, apri!»
Il vento, a corde, dagli Iblei dai coni
delle Madonie strappa inni e lamenti
su timpani di grotte antiche come
l’agave e l’occhio del brigante. E l’Orsa
ancora non ti lascia e scrolla i sette
fuochi d’allarme accesi alle colline,
e non ti lascia il rumore dei carri
rossi di saraceni e di crociati,
forse la solitudine, anche il dialogo
con gli animali stellati, il cavallo
e il cane la rana le allucinate
chitarre di cicale nella sera.
”
Salvatore Quasimodo
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