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Grazia Deledda: Scrittrice

Nascita: Nuoro (Sardegna) il 28/09/1871data morte il 15/08/1936
Lic.foto: Pubblico dominio
Suo padre è un ricco imprenditore, nonché poeta per diletto, tipografo e, nel 1892, primo cittadino di Nuoro. Grazie alla buona disponibilità economica la piccola Maria Grazia Cosima Deledda può permettersi di andare a scuola fino alla quarta elementare, per poi proseguire gli studi con un insegnante privato e infine da autodidatta. Le prime esperienze letterarie risalgono al 1888 e sono inaugurate dalla pubblicazione di articoli e romanzi a puntate sulle riviste “L'ultima moda”, “L'Avvenire della Sardegna” e dalla continua collaborazione con molte importanti testate. La tappe che segnano i trionfi letterari successivi sono costituite dall'uscita del libro per bambini “Nell'azzurro”, dai romanzi usciti a partire dal 1895 “Anime oneste” e “La via del male” e dalla raccolta di poesie “Paesaggi sardi”. Intorno al 1899 si trasferisce a Roma dove sposa l'allora ministro delle finanze Palmiro Madesani, da cui ha due figli. Con l'uscita di “Elias Portulo” nel 1903 conferma la sua maturità letteraria, che prosegue con la pubblicazione di romanzi come “L'edera” e “Canne al vento” e con la stesura di fortunate opere teatrali. Apprezzata in tutto il mondo, nel 1926 – dieci anni prima di essere stroncata dal cancro che l'affliggeva – riceve il Nobel per la letteratura.

 📚 Nome Grazia 

41 FRASI E CITAZIONI DI GRAZIA DELEDDA
Frasi di Grazia Deledda [1/3]
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La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertivano l'uomo che la sua giornata era finita. Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d'uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era sopratutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa: sì, la giornata dell'uomo lavoratore era finita, ma cominciava la vita fantastica dei folletti, delle fate, degli spiriti erranti. [...]Efix sentiva il rumore che le panas (donne morte di parto) facevano nel lavar i loro panni giù al fiume, battendoli con uno stinco di morto, e credeva di intraveder l'ammattadore, folletto con sette berretti entro i quali conserva un tesoro, balzar di qua e di là sotto il bosco di mandorli, inseguito dai vampiri con la coda di acciaio.Era il suo passaggio che destava lo scintillio dei rami e delle pietre sotto la luna: e agli spiriti maligni si univano quelli dei bambini non battezzati, spiriti bianchi che volavano per aria tramutandosi nelle nuvolette argentee dietro la luna: e i nani e le janas, piccole fate che durante la giornata stanno nelle loro case di roccia a tesser stoffe d'oro in telai d'oro, ballavano all'ombra delle grandi macchie di filirèa, mentre i giganti s'affacciavano fra le roccie dei monti battuti dalla luna, tenendo per la briglia gli enormi cavalli verdi che essi soltanto sanno montare, spiando se laggiù fra le distese d'euforbia malefica si nascondeva qualche drago o se il leggendario serpente cananèa, vivente fin dai tempi di Cristo, strisciava sulle sabbie intorno alla palude.Specialmente nelle notti di luna tutto questo popolo misterioso anima le colline e le valli: l'uomo non ha diritto a turbarlo con la sua presenza, come gli spiriti han rispettato lui durante il corso del sole; è dunque tempo di ritirarsi e chiuder gli occhi sotto la protezione degli angeli custodi.
Da: 1913, cap. I, pp. 3-5
Grazia Deledda  

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