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Frasi sulla mente [1/47]
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Le Notti
Entrambi avevano bisogno di parlare
fingendo che quanto gli serviva
fosse il mio consiglio. Ma ciascuno
alle spalle dell’altro confidava
che era il sovraccarico sessuale,
ogni volta che lo facevano,
e infatti fin dall’inizio
(anche un bambino l’avrebbe capito)
la loro vera vita era il letto.
Il re avrebbe dovuto essere informato,
ma chi c’era per dirglielo,
se non io? Volevo disperatamente
che la smettessero spezzando la stretta
del mio silenzio in conflitto,
ma continuai ancora, tutto sorrisi
a Egisto ogni mattina,
colmato di favori e nauseato di me.
Il tetto era come il timpano di un orecchio.
Le tonnellate bovine di ottusa
inerzia stavano, a testa bassa
e immobili come un’erma.
Atlante, dio protettore delle sentinelle,
mi veniva in mente,
l’unico altro
sveglio a tutte le ore, chino come un bue
sotto il suo giogo di nuvole,
laggiù alla fine del mondo.
Il pavimento del solaio dove gli dèi
e le dee si prendevano gli amanti,
e se li facevano senza fine
con successo, quei colpi
e quei gemiti attraverso la coltre di nuvole
erano interamente sulle sue spalle.
A volte pensavo a noi,
deificati in macigni
chiamati Colonne d’Afrodite.
L’alto e il basso in quei giorni
procedevano al passo.
Quando i comandanti nel cavallo
sentirono la mano di Elena accarezzare
le sue assi di legno e il ventre
quasi si montarono l’un l’altro.
Ma alla fine le madri di Troia
subirono le conseguenze nel vicolo,
nella culla e nel letto insanguinati.
La guerra rese tutti gli uomini pazzi,
cornuti, a cavallo o di guardia sul tetto,
i trionfatori e i vinti.
La mia mente era un recinto di tori
dove il re cornuto Agamennone
aveva marchiato il suo peso in oro.
Ma quando sui monti esplosero i fuochi
e la regina emise un lamento e venne,
fu il re che io vendetti.
Passai al di là di ogni malafede:
in cambio delle sue barre d’oro, il suo premio
furono una rete di corda e un bagno di sangue.
E la pace era scesa su noi


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