Perché il Coronavirus si è diffuso molto in Italia?
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L'Italia è stato il primo paese occidentale ad essere colpito dall'infezione da Coronavirus con un numero rilevante di infettati e deceduti, tanto che il nostro paese è stato definito da alcuni media internazionali come il secondo paese 'untore' dopo la Cina che, ricordiamo, è il paese da cui è partita l'infezione in un mercato di animali selvatici (nella città di Wuhan).
Ma perché proprio il nostro paese è stato colpito così duramente dal Coronavirus?
Altri paesi che hanno una vicinanza geografica con la Cina, come Giappone, Corea del Sud, Thailandia etc.., pur essendo stati colpiti per primi sono riusciti a contenere l’infezione, peraltro anche in Europa diversi paesi a noi vicini sono stati toccati solo marginalmente (come Grecia e Portogallo) ciò dimostra che nel nostro paese qualcosa è andato storto.
Con il trascorrere del tempo si incominciano ad elaborare i dati e prendono forma alcune ipotesi, insieme agli errori che potrebbero aver accompagnato il diffondersi dell'epidemia in Italia e che purtroppo sono stati replicati anche in alcuni paesi europei, vediamoli in dettaglio:
1) Mancata quarantena preventiva
Nonostante le indicazioni fornite dall'OMS nella figura del membro esecutivo W.Ricciardi, nonché i suggerimenti di alcuni virologi e politici, l'Italia non ha adottato una quarantena per le persone che venivano dalle zone a rischio della Cina. Di fatto il controllo e la prevenzione si sono basate solo sulla misurazione della temperatura corporea in stazioni ed aeroporti, senza considerare che il virus (come noto da tempo) sviluppa sintomi e febbre in alcune delle persone infette solo 5-7 giorni dopo il contagio, permettendo così agli infetti ed agli asintomatici di viaggiare indisturbati. Probabilmente solo una quarantena preventiva poteva ridurre sensibilmente la diffusione del virus.
Particolare curioso e degno di nota, è il fatto che inizialmente le autorità italiane (ed europee) si sono opposte ad una possibile quarantena perché la ritenevano un provvedimento esagerato, in alcuni casi discriminatorio nei confronti della Cina stessa. Peccato che proprio la Cina, appena ha contenuto l'epidemia, ha poi disposto una quarantena per tutti coloro che rientravano nel paese e senza farsi tanti scrupoli, per prevenire i contagi di ritorno e la nascita di nuovi focolai.
2) Scarsità di materiale sanitario (mascherine, occhiali avvolgenti, guanti monouso etc..)
Purtroppo il nostro paese si è fatto trovare sprovvisto di materiale sanitario idoneo atto a garantire un'adeguata protezione da parte di medici, operatori sanitari e persone a rischio: forze dell'ordine ma anche farmacisti, commercianti, personale di front-office etc. Questo nonostante l'infezione avvenuta in Cina ci avesse dato un preavviso di 2-3 mesi. Altri paesi europei hanno fatto scorte preventive e poi hanno bloccato le esportazioni di questo materiale. Le esperienze di altri paesi che hanno affrontato il Coronavirus, hanno documentato un uso massiccio delle mascherine che si sono rilevate idonee a proteggere la popolazione dal contagio (soprattutto le mascherine con filtro del tipo FFP2 e FFP3) che in alcuni casi sono state diffuse anche gratuitamente nelle zone a rischio. Secondo alcuni virologi la difficoltà nel reperire il materiale non ha consentito una protezione tempestiva ed efficace della popolazione italiana, non a caso il numero dei medici contagiati nel nostro paese è molto superiore a quello di altri paesi.
3) Probabile diffusione silente
E' opinione diffusa che in Italia il virus ci abbia colpito alle spalle, ovvero abbia incominciato a diffondersi ben prima della scoperta dei primi casi riscontrati ufficialmente nei paesi di Codogno e Vo'. Non a caso, già nel mese di gennaio, diversi medici di base avevano riscontrato la presenza di polmoniti anomale in varie località del nord Italia, ciò probabilmente ha consentito una diffusione silente e incontrollata del virus.
Il nostro paese, nel tentativo di evitare il contagio, ha disposto dal 30 gennaio 2020 il blocco dei voli diretti dalla Cina e da altri paesi a rischio. Secondo alcuni analisti questo provvedimento non ha inciso e potrebbe addirittura aver influito negativamente, questo perché non avrebbe consentito di tracciare e controllare adeguatamente i viaggiatori provenienti dalle zone a rischio. Infatti, successivamente, è stata documentato il rientro di migliaia di persone dalla Cina avvenuto utilizzando voli indiretti passando quindi da altri paesi europei, che non avevano disposto il blocco dei voli. Il mancato coordinamento a livello europeo, dove ogni paese ha agito in modo differenziato, ha fatto il resto.
5) Tamponi preventivi e protocolli
I protocolli ministeriali identificavano i casi sospetti da Coronavirus, su cui effettuare il tampone, solo in particolari condizioni, ovvero in caso di sintomi e provenienza da zone a rischio (Cina) o contatto diretto con persone che provenivano da zone a rischio. Purtroppo il virus ha dimostrato una virulenza notevole e probabilmente si è diffuso anche senza contatti e frequentazioni dirette, magari con la sola vicinanza di una persone infetta oppure tramite il contatto con oggetti toccati in precedenza da persone positive, che non si conoscevano direttamente.
6) Uso dei tamponi scoraggiato anche in emergenza
A partire dal 28 febbraio e per un certo periodo, visto l'elevato numero di positivi ai tamponi, il ministero della salute ha poi disposto l'effettuazione dei tamponi alle sole persone che avevano sintomi. In quei giorni anche il ministero degli esteri invitò le persone a venire in Italia, sostenendo che i comuni interessati dall'infezione erano pochi. Insomma l'idea del governo è quella di minimizzare per non creare danni al comparto turistico. Ciò potrebbe aver limitato la possibilità di contenere ulteriormente l'infezione e l'identificazione delle persone asintomatiche. La decisione fu presa perché il numero dei contagiati risultava più alto rispetto a quello di altri paesi. In realtà si è scoperto dopo che i nostri numeri erano più alti semplicemente perché nel nostro paese i focolai erano nati prima ed erano più sviluppati.
La regione Veneto, che aveva compreso in anticipo l'importanza di effettuare i tamponi a tappeto per controllare l'infezione e identificare gli asintomatici, è stata criticata da diversi esponenti del governo e pure da alcuni virologi. In realtà lo studio effettuato nel comune veneto di Vò con esecuzione del tampone su tutti gli abitanti, è stato poi ritenuto fondamentale per comprendere le dinamiche di diffusione del virus, anche a livello internazionale.
7) Informazioni errate e contraddittorie
Nella fase iniziale dell'epidemia, sono state diffuse informazioni contrastanti dai canali ufficiali del governo e dei media tradizionali. Si diceva di fare attenzione alle 'fake news' ma nel contempo venivano diffusi messaggi rassicuranti che purtroppo si sono rivelati errati, si affermava che la situazione era sotto controllo ed il virus poco pericoloso, addirittura paragonabile a poco più di una semplice influenza.
Basti pensare che sui canali della TV pubblica, per una settimana intera, sono passati spot i quali comunicavano testualmente che 'Non è affatto facile prendere il Coronavirus..', oppure venivano intervistati virologi e personaggi che sminuivano la pericolosità del virus. In altri casi alcuni politici si sono battuti per riaprire le attività al pubblico che erano state limitate pochi giorni prima, come ad esempio la famosa campagna 'Riapriamo Milano'.
Tutto ciò ha creato confusione agevolando l'adozione di comportamenti errati che hanno aumentato la diffusione del virus. Questo nonostante i precedenti emblematici assunti da altri paesi (Cina imprimis) che avevano adottato provvedimenti drastici per bloccare l'epidemia, con chiusura di tutte le attività commerciali e lavorative ed il confinamento della popolazione nelle case.
8) Chiusure e divieti tardivi o non coordinati
Il provvedimento di chiusura delle scuole (4 marzo 2020) è stato un primo provvedimento necessario e tempestivo, tuttavia non è stato coordinato con altri provvedimenti come il divieto di spostamento senza validi motivi, emanato diversi giorni dopo (il 9 marzo). Alcune persone e famiglie hanno così approfittato della chiusura delle scuole per prendere delle ferie, organizzare gite al mare o in montagna (in hotel o seconde case), oppure effettuare lunghi viaggi per andare a trovare i parenti. Tutto ciò potrebbe aver contribuito a diffondere il virus in altre regioni italiane, come evidenziato da diversi governatori del centro-sud.
9) Struttura della famiglia e abitudini sociali
Secondo alcuni ricercatori dell'università di Oxford (USA), che ha pubblicato uno studio specifico, la composizione della famiglia italiana e le sue abitudini potrebbero aver influito negativamente sulla diffusione del virus e sul tasso di mortalità.
In particolare sembra aver inciso il nostro senso spiccato della famiglia, il fatto che i ragazzi vivono con i genitori a lungo prima di essere indipendenti e che i nonni di solito vivono nei paraggi; oltre al fatto che ci tocchiamo, ci abbracciamo, ci baciamo sulle guance per salutarci.
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Ma perché proprio il nostro paese è stato colpito così duramente dal Coronavirus?
Altri paesi che hanno una vicinanza geografica con la Cina, come Giappone, Corea del Sud, Thailandia etc.., pur essendo stati colpiti per primi sono riusciti a contenere l’infezione, peraltro anche in Europa diversi paesi a noi vicini sono stati toccati solo marginalmente (come Grecia e Portogallo) ciò dimostra che nel nostro paese qualcosa è andato storto.
Con il trascorrere del tempo si incominciano ad elaborare i dati e prendono forma alcune ipotesi, insieme agli errori che potrebbero aver accompagnato il diffondersi dell'epidemia in Italia e che purtroppo sono stati replicati anche in alcuni paesi europei, vediamoli in dettaglio:
1) Mancata quarantena preventiva
Nonostante le indicazioni fornite dall'OMS nella figura del membro esecutivo W.Ricciardi, nonché i suggerimenti di alcuni virologi e politici, l'Italia non ha adottato una quarantena per le persone che venivano dalle zone a rischio della Cina. Di fatto il controllo e la prevenzione si sono basate solo sulla misurazione della temperatura corporea in stazioni ed aeroporti, senza considerare che il virus (come noto da tempo) sviluppa sintomi e febbre in alcune delle persone infette solo 5-7 giorni dopo il contagio, permettendo così agli infetti ed agli asintomatici di viaggiare indisturbati. Probabilmente solo una quarantena preventiva poteva ridurre sensibilmente la diffusione del virus.
Particolare curioso e degno di nota, è il fatto che inizialmente le autorità italiane (ed europee) si sono opposte ad una possibile quarantena perché la ritenevano un provvedimento esagerato, in alcuni casi discriminatorio nei confronti della Cina stessa. Peccato che proprio la Cina, appena ha contenuto l'epidemia, ha poi disposto una quarantena per tutti coloro che rientravano nel paese e senza farsi tanti scrupoli, per prevenire i contagi di ritorno e la nascita di nuovi focolai.
2) Scarsità di materiale sanitario (mascherine, occhiali avvolgenti, guanti monouso etc..)
Purtroppo il nostro paese si è fatto trovare sprovvisto di materiale sanitario idoneo atto a garantire un'adeguata protezione da parte di medici, operatori sanitari e persone a rischio: forze dell'ordine ma anche farmacisti, commercianti, personale di front-office etc. Questo nonostante l'infezione avvenuta in Cina ci avesse dato un preavviso di 2-3 mesi. Altri paesi europei hanno fatto scorte preventive e poi hanno bloccato le esportazioni di questo materiale. Le esperienze di altri paesi che hanno affrontato il Coronavirus, hanno documentato un uso massiccio delle mascherine che si sono rilevate idonee a proteggere la popolazione dal contagio (soprattutto le mascherine con filtro del tipo FFP2 e FFP3) che in alcuni casi sono state diffuse anche gratuitamente nelle zone a rischio. Secondo alcuni virologi la difficoltà nel reperire il materiale non ha consentito una protezione tempestiva ed efficace della popolazione italiana, non a caso il numero dei medici contagiati nel nostro paese è molto superiore a quello di altri paesi.
3) Probabile diffusione silente
E' opinione diffusa che in Italia il virus ci abbia colpito alle spalle, ovvero abbia incominciato a diffondersi ben prima della scoperta dei primi casi riscontrati ufficialmente nei paesi di Codogno e Vo'. Non a caso, già nel mese di gennaio, diversi medici di base avevano riscontrato la presenza di polmoniti anomale in varie località del nord Italia, ciò probabilmente ha consentito una diffusione silente e incontrollata del virus.
4) Blocco dei voli diretti dalla Cina
Il nostro paese, nel tentativo di evitare il contagio, ha disposto dal 30 gennaio 2020 il blocco dei voli diretti dalla Cina e da altri paesi a rischio. Secondo alcuni analisti questo provvedimento non ha inciso e potrebbe addirittura aver influito negativamente, questo perché non avrebbe consentito di tracciare e controllare adeguatamente i viaggiatori provenienti dalle zone a rischio. Infatti, successivamente, è stata documentato il rientro di migliaia di persone dalla Cina avvenuto utilizzando voli indiretti passando quindi da altri paesi europei, che non avevano disposto il blocco dei voli. Il mancato coordinamento a livello europeo, dove ogni paese ha agito in modo differenziato, ha fatto il resto.
5) Tamponi preventivi e protocolli
I protocolli ministeriali identificavano i casi sospetti da Coronavirus, su cui effettuare il tampone, solo in particolari condizioni, ovvero in caso di sintomi e provenienza da zone a rischio (Cina) o contatto diretto con persone che provenivano da zone a rischio. Purtroppo il virus ha dimostrato una virulenza notevole e probabilmente si è diffuso anche senza contatti e frequentazioni dirette, magari con la sola vicinanza di una persone infetta oppure tramite il contatto con oggetti toccati in precedenza da persone positive, che non si conoscevano direttamente.
6) Uso dei tamponi scoraggiato anche in emergenza
A partire dal 28 febbraio e per un certo periodo, visto l'elevato numero di positivi ai tamponi, il ministero della salute ha poi disposto l'effettuazione dei tamponi alle sole persone che avevano sintomi. In quei giorni anche il ministero degli esteri invitò le persone a venire in Italia, sostenendo che i comuni interessati dall'infezione erano pochi. Insomma l'idea del governo è quella di minimizzare per non creare danni al comparto turistico. Ciò potrebbe aver limitato la possibilità di contenere ulteriormente l'infezione e l'identificazione delle persone asintomatiche. La decisione fu presa perché il numero dei contagiati risultava più alto rispetto a quello di altri paesi. In realtà si è scoperto dopo che i nostri numeri erano più alti semplicemente perché nel nostro paese i focolai erano nati prima ed erano più sviluppati.
La regione Veneto, che aveva compreso in anticipo l'importanza di effettuare i tamponi a tappeto per controllare l'infezione e identificare gli asintomatici, è stata criticata da diversi esponenti del governo e pure da alcuni virologi. In realtà lo studio effettuato nel comune veneto di Vò con esecuzione del tampone su tutti gli abitanti, è stato poi ritenuto fondamentale per comprendere le dinamiche di diffusione del virus, anche a livello internazionale.
7) Informazioni errate e contraddittorie
Nella fase iniziale dell'epidemia, sono state diffuse informazioni contrastanti dai canali ufficiali del governo e dei media tradizionali. Si diceva di fare attenzione alle 'fake news' ma nel contempo venivano diffusi messaggi rassicuranti che purtroppo si sono rivelati errati, si affermava che la situazione era sotto controllo ed il virus poco pericoloso, addirittura paragonabile a poco più di una semplice influenza.
Basti pensare che sui canali della TV pubblica, per una settimana intera, sono passati spot i quali comunicavano testualmente che 'Non è affatto facile prendere il Coronavirus..', oppure venivano intervistati virologi e personaggi che sminuivano la pericolosità del virus. In altri casi alcuni politici si sono battuti per riaprire le attività al pubblico che erano state limitate pochi giorni prima, come ad esempio la famosa campagna 'Riapriamo Milano'.
Tutto ciò ha creato confusione agevolando l'adozione di comportamenti errati che hanno aumentato la diffusione del virus. Questo nonostante i precedenti emblematici assunti da altri paesi (Cina imprimis) che avevano adottato provvedimenti drastici per bloccare l'epidemia, con chiusura di tutte le attività commerciali e lavorative ed il confinamento della popolazione nelle case.
8) Chiusure e divieti tardivi o non coordinati
Il provvedimento di chiusura delle scuole (4 marzo 2020) è stato un primo provvedimento necessario e tempestivo, tuttavia non è stato coordinato con altri provvedimenti come il divieto di spostamento senza validi motivi, emanato diversi giorni dopo (il 9 marzo). Alcune persone e famiglie hanno così approfittato della chiusura delle scuole per prendere delle ferie, organizzare gite al mare o in montagna (in hotel o seconde case), oppure effettuare lunghi viaggi per andare a trovare i parenti. Tutto ciò potrebbe aver contribuito a diffondere il virus in altre regioni italiane, come evidenziato da diversi governatori del centro-sud.
9) Struttura della famiglia e abitudini sociali
Secondo alcuni ricercatori dell'università di Oxford (USA), che ha pubblicato uno studio specifico, la composizione della famiglia italiana e le sue abitudini potrebbero aver influito negativamente sulla diffusione del virus e sul tasso di mortalità.
In particolare sembra aver inciso il nostro senso spiccato della famiglia, il fatto che i ragazzi vivono con i genitori a lungo prima di essere indipendenti e che i nonni di solito vivono nei paraggi; oltre al fatto che ci tocchiamo, ci abbracciamo, ci baciamo sulle guance per salutarci.
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