Al contrario di come si potrebbe pensare, incrociare le braccia sul lavoro per vedere riconosciuti i propri diritti non è una forma di protesta nata ai giorni nostri, ma piuttosto una manifestazione di malcontento percepita come una necessità sin dai tempi più antichi.

A fornircene testimonianza è il documento più antico di cui si ha notizia, il papiro redatto dallo scriba Amennakht, conservato oggi al museo Egizio di Torino. Grazie a questa antichissima fonte, il primo sciopero nella storia dell'uomo viene fatto risalire intorno al 1150 a.C., quando nell'Antico Egitto, durante il regno del faraone Ramses III, i cittadini del villaggio di Deir el-Medinet misero in atto questa pacifica forma di dissenso.

Dopo turni di lavoro massacranti gli operai incaricati di realizzare i templi di Tebe dovettero infatti sopravvivere per diciotto giorni senza ricevere alcun pagamento. La retribuzione consistenza fondamentalmente di prodotti alimentari e unguenti usati per allentare la morsa del deserto, caratterizzata da temperature altissime e un clima estremamente secco. Stanchi di lavorare senza paga, denutriti e debilitati, gli operai si diressero in massa verso la tomba reale di Ramses II e lì, in attesa di vedere accolte le loro richieste, protestarono per giorni interi: “Siamo già al 18 del mese e abbiamo fame!”.

Nonostante la pioggia di promesse dei funzionari reali, le cose tornarono alla normalità solo quando Ramses III concedette ai lavoratori quanto dovuto, arretrati compresi. E non solo: per scongiurare il ripetersi dell'evento, subito dopo il faraone incaricò un organo predisposto al controllo dei pagamenti e alla equa ripartizione del cibo.