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Seguace
Mio padre lavorava con un aratro a cavalli,
le spalle arcuate come una vela spiegata
tra le stegole e il solco.
I cavalli tiravano quando schioccava la lingua.
Un esperto. Predisponeva l’ala
e posizionava il vomere d’acciaio, lucente e appuntito.
La zolla erbosa si rivoltava senza rompersi.
Giunta in fondo, con un semplice strappo
di redini, la pariglia sudata girava
e rientrava nel campo. Il suo occhio
socchiuso traguardava il terreno,
calcolando con esattezza il solco.
Io arrancavo nella sua scia chiodata,
a volte cadevo sulla zolla polita;
altre volte mi portava a cavalcioni in spalla
e altalenavo al suo passo pesante.
Volevo diventare grande e arare,
chiudere un occhio, tendere il braccio.
Tutto ciò che facevo era seguire
la sua larga ombra per la fattoria.
Ero un impiccio, inciampavo, cadevo,
guaivo sempre. Ma oggi
è mio padre che continua a seguirmi
incespicando, e non se ne vuole andare.
”
Seamus Heaney
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“
Sulla strada di San Romano
La poesia si fa in un letto come l'amore
Le sue lenzuola sfatte sono l'aurora delle cose
La poesia si fa nei boschi
Ha lo spazio che le occorre
Non questo ma quello che condizionano
L'occhio del nibbio
La rugiada sull'equiseto
Il ricordo di una bottiglia di Traminer appannata su un vassoio d'argento
Un'alta colonna di tormalina sul mare
E la strada dell'avventura mentale
Che sale a picco
Si ferma e subito s'ingarbuglia
Non è cosa da gridare dai tetti
È sconveniente lasciare la porta aperta
O chiamare dei testimoni
I banchi di pesci le siepi di cinciallegre
I binari all'entrata di una grande stazione
I riflessi delle due rive
I solchi del pane
Le bolle del ruscello
I giorni del calendario
L'iperico
L'atto d'amore e l'atto poetico
Sono incompatibili
Con la lettura del giornale ad alta voce
Il senso del raggio di sole
Il luccichio azzurro che rilega i colpi d'ascia del taglialegna
Il filo dell'aquilone a forma di cuore o di nassa
Il battito ritmico della coda dei castori
La diligenza del lampo
Il lancio di confetti dall'alto di vecchie scalininate
La valanga
La camera degli incantesimi
No signori non si tratta dell'ottava Camera
Né dei vapori della camerata la domenica sera
Le figure di danza eseguite in trasparenza sopra gli stagni
La delimitazione di un corpo di donna contro il muro al lancio dei coltelli
Le volute chiare del fumo
La curva della spugna delle Filippine
Le gemme del serpente corallo
Il varco dell'edera tra le rovine
Lei ha tutto il tempo davanti a sé
La stretta poetica come la stretta carnale
Finché dura
Impedisce le prospettive di miseria del mondo
”
Andre Breton
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“
Settembre
Settembre settembrino,
matura l’uva e si fa il vino,
matura l’uva moscatella:
scolaro, prepara la cartella!
”
Gianni Rodari
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“
Tu chiami una vita
Fatica d'amore, tristezza, | tu chiami una vita | che dentro, profonda, ha nomi | di cieli e giardini. | E fosse mia carne | che dono di male trasforma.
”
Salvatore Quasimodo
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“
Per uno scontento
Capisco, sai, il tuo bestemmiare;
ma il mondo non cambia, niente da fare,
l’odio tuo non lo modifica di un pelo
gli uomini sono una schiatta intollerabile.
Ma tu, dimmi, sei forse meno esecrabile?
Proverei con l’amore a sciogliere il tuo gelo.
”
Hermann Hesse
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“
La Credenza
È una credenza larga scolpita; la quercia scura,
stagionata, ha preso l’aria buona della vecchia gente;
la credenza è aperta, e versa nella sua ombra
come un fiotto di vino vecchio, dei profumi invitanti;
stracolma, è un magazzino di vecchi vecchiumi,
lenzuola odorose e gialle, stracci
di donne o di bimbi, pizzi infeltriti,
scialli della nonna dove dei grifoni sono istoriati;- È là che troviamo i medaglioni, le ciocche
di capelli bianchi o biondi, i ritratti, i fiori secchi
il cui profumo si fonde ai profumi della frutta.- Oh credenza dei vecchi tempi, tu conosci delle storie
e vorresti raccontare le tue fiabe, e scricchioli
quando le tue grandi ante nere s’aprono lentamente.
”
Arthur Rimbaud
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“
Vacanze di metà trimestre
Rimasi tutta la mattina nell’infermeria della scuola
a contare le campanelle che annunciavano la fine di ogni ora.
Alle due vennero i nostri vicini a portarmi a casa.
Nel portico trovai mio padre che piangeva
lui che aveva sempre affrontato bene i funerali
e Big Jim Evans che diceva che era un duro colpo.
Quando entrai il piccolo ciangottò e rise e scosse
la carrozzina, e con mio imbarazzo
alcuni vecchi si alzarono e vennero a stringermi la mano
dicendosi «rattristati dalla mia pena».
Fu bisbigliato agli estranei che ero il più grande,
che ero in collegio, e mia madre mi teneva la mano
nella sua e cacciava sospiri rabbiosi e asciutti.
Alle dieci arrivò l’ambulanza
con la salma, tamponata e fasciata dalle infermiere.
La mattina dopo salii in camera. Bucaneve
e candele rasserenavano il capezzale; lo vedevo
per la prima volta dopo sei settimane. Più pallido ora,
con un livido papavero alla tempia sinistra,
giaceva nella piccola bara come nel suo lettino.
Nessuna ferita vistosa, il paraurti l’aveva scagliato lontano.
Quattro piedi di bara, uno per ogni anno.
”
Seamus Heaney
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64 click
“
La fiammella
Come una vestale per anni e anni
solo
ho tenuto accesa la fiammella
Come un giapponese nell’atollo
per anni e anni
solo
non ho creduto alla fine del conflitto
Come un cane per anni e anni
solo
ho vegliato dove tu eri stata
E adesso che te ne sei accorta
non so se la mia vita
sarà rubricata come cosa patetica
o come cosa eroica
”
Michela Mari
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60 click
“
Omaggio
Bella, amore che ogni pianto
della mia anima inquieta sai placare,
porterò ogni peso a cuor leggero
se tu non mi vorrai abbandonare.
Divampano le fiamme della mia giovinezza
ogni giorno in un furioso incendio,
per poi piegarsi felici e grate
al primo cenno della tua mano bianca.
”
Hermann Hesse
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“
Miracolo
Non quello che prende su il letto e cammina
ma quelli che lo conoscono da sempre
e lo trasportano dentro
le spalle intorpidite, il dolore e la curvatura radicati
nella schiena, le maniglie della barella
scivolose di sudore. E nessun rallentamento
sino a quando non è legato stretto, inclinato
e levato verso il tetto di tegole, poi abbassato per la guarigione.
Sii consapevole di loro lì in attesa
che l’ustione delle corde filate si raffreddi,
che leggera ebbrezza e incredulità in loro
cessino, quelli che lo conoscevano da sempre
”
Seamus Heaney
+
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“
Le Notti
Entrambi avevano bisogno di parlare
fingendo che quanto gli serviva
fosse il mio consiglio. Ma ciascuno
alle spalle dell’altro confidava
che era il sovraccarico sessuale,
ogni volta che lo facevano,
e infatti fin dall’inizio
(anche un bambino l’avrebbe capito)
la loro vera vita era il letto.
Il re avrebbe dovuto essere informato,
ma chi c’era per dirglielo,
se non io? Volevo disperatamente
che la smettessero spezzando la stretta
del mio silenzio in conflitto,
ma continuai ancora, tutto sorrisi
a Egisto ogni mattina,
colmato di favori e nauseato di me.
Il tetto era come il timpano di un orecchio.
Le tonnellate bovine di ottusa
inerzia stavano, a testa bassa
e immobili come un’erma.
Atlante, dio protettore delle sentinelle,
mi veniva in mente,
l’unico altro
sveglio a tutte le ore, chino come un bue
sotto il suo giogo di nuvole,
laggiù alla fine del mondo.
Il pavimento del solaio dove gli dèi
e le dee si prendevano gli amanti,
e se li facevano senza fine
con successo, quei colpi
e quei gemiti attraverso la coltre di nuvole
erano interamente sulle sue spalle.
A volte pensavo a noi,
deificati in macigni
chiamati Colonne d’Afrodite.
L’alto e il basso in quei giorni
procedevano al passo.
Quando i comandanti nel cavallo
sentirono la mano di Elena accarezzare
le sue assi di legno e il ventre
quasi si montarono l’un l’altro.
Ma alla fine le madri di Troia
subirono le conseguenze nel vicolo,
nella culla e nel letto insanguinati.
La guerra rese tutti gli uomini pazzi,
cornuti, a cavallo o di guardia sul tetto,
i trionfatori e i vinti.
La mia mente era un recinto di tori
dove il re cornuto Agamennone
aveva marchiato il suo peso in oro.
Ma quando sui monti esplosero i fuochi
e la regina emise un lamento e venne,
fu il re che io vendetti.
Passai al di là di ogni malafede:
in cambio delle sue barre d’oro, il suo premio
furono una rete di corda e un bagno di sangue.
E la pace era scesa su noi
”
Seamus Heaney
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