“Arcita dunque, tornato a Tebe, non faceva che languire e lamentarsi tutto il giorno, perché ormai non avrebbe più potuto rivedere la sua donna. A dire in breve tutto il suo dolore, non c'era mai stato, né ci sarà mai, essere al mondo che soffrisse tanto. Dormire, mangiare, bere, tutto gli era impossibile, sicché diventò magro e asciutto come uno stecco, con certi occhi infossati che facevano impressione, e un colorito terreo, smorto come cenere spenta. Se ne stava sempre solo e appartato, e di notte non faceva che piangere e disperarsi; se poi per caso sentiva qualcuno cantare o suonare, si metteva a piangere senza riuscire più a trattenersi.
”Da: I racconti di Canterbury - MondadoriGeoffrey Chaucer