“Navigammo fino ad incontrare che il Polo meridionale si elevava cinquantadue gradi sopra l'orizzonte, in termini che già non potevamo vedere la Orsa maggiore né la minore. Il 3 di aprile ci fu una tormenta così forte che ci fece ammainare le vele, il vento era di levante con onde grandissime e aria tempestosa. Così forte era la tempesta che tutta la ciurma stava in gran temore. Le notti erano molto lunghe, quella del 7 di aprile fu di quindici ore, perché il sole stava alla fine di Ariete e in questa regione era inverno. Nel bel mezzo della tempesta avvistammo il 7 di aprile una nuova terra, che percorremmo per circa venti leghe, incontrando delle coste selvagge, e non vedemmo in essa nessun porto, ne gente, credo perché il freddo era così intenso che nessuno della flotta poteva sopportarlo. Vedendoci in tale pericolo e tale tempesta, che appena si poteva vedere una nave dall'altra, tanto erano alte le onde, accordammo fare segnali per riunire la flotta e lasciare queste terre per rientrare verso il Portogallo. E fu una decisione molto saggia, perché se avessimo ritardato quella notte, di sicuro ci saremmo perduti tutti.
”Da: Lettere sul mondo nuovo - FinisterraeAmerigo Vespucci